Simone ci presenta il primo capitolo del suo racconto.
Naturalmente parla di viaggi, non perdertelo!
Scompartimento da sei posti.
Dal finestrino vediamo la stazione di Tortona.
Ci iniziamo a preparare per scendere. Solo che non dobbiamo scendere a Tortona. Dobbiamo scendere a Milano Centrale. No, non siamo propriamente degli uomini di mondo.
Nello scompartimento con noi un signore ultradistinto che, di fronte alla versione in carne ed ossa di “Benvenuti al nord”, legge “Il Sole 24 Ore”, scuote la testa e sospira ripetutamente. Non si sa bene se per la crisi finanziaria o per il fatto di essersi dovuto sorbire per ore la nostra compagnia. Propendo per la seconda ipotesi.
Siamo quasi alla stazione di Milano, cioè manca più di mezzora all’arrivo in stazione, che siamo già tutti in piedi a tirar giù le valigie.
Per l’appunto la valigia di Samuele (di chi altro sennò?) rimane incastrata contro il freno di emergenza. E cosa fa il buon Samuele? Ovvio! Dà uno strattone. Tirando giù valigia E freno di emergenza.
Panico.
– Che cazzo hai fatto?
Realizziamo solo dopo alcuni istanti che non è successo assolutamente niente. Il treno continua imperturbabile per la sua strada. Come se niente fosse. In una parola: Trenitalia.
– … sicuri questi treni! – commenta un divertito Samuele.
Il signore ultradistinto scuote la testa. Non si sa bene se per la crisi finanziaria, il problema sicurezza delle Ferrovie dello Stato o il fatto di essersi dovuto sorbire per ore la nostra compagnia. Propendo per la terza ipotesi.
Anche perché gli sono nel cuore: si è dovuto sorbire per 4 ore i discorsi di Marco sulla filmografia porno omosex dal 2000 ad oggi, a intervalli regolari il riproporsi delle mie fobie sul volo con tanto di cronistoria dettagliata dei disastri aerei post fratelli Wright, Samuele che ha dapprima battuto la testa contro il vetro nel tentativo di chinarsi per legarsi le stringhe, poi ha tossito per 10 minuti consecutivi perché nel bere gli era andata l’acqua di traverso, poi si è tagliato con la carta tirando fuori i biglietti dalla borsa all’arrivo del controllore (mai visto tanto sangue nemmeno a ER), infine gli ha versato la Coca Cola sui pantaloni, Andrea e Michele che si sono accapigliati nell’ordine per chi sarebbe dovuto andare per primo in bagno, interpretazioni divergenti del codice della strada, la lista degli ingredienti della pizza quattro stagioni, l’esistenza della pizza quattro stagioni, l’esistenza delle mezze stagioni, l’orario di inizio del derby, chi tra Pamela Anderson e Laura Pausini abbia le tette più grandi, la legittimità di dire alla Pausini che è una culona, la tollerabilità dei testimoni di Geova, il colore degli occhi di Moana Pozzi, la rilevanza del sapere il colore degli occhi di Moana Pozzi, la formazione ideale della Juve, la rispettabilità politica di Robespierre, l’utilizzo in cucina dei sali da bagno.
Siamo arrivati!
Siamo arrivati! Cioè, no.
Siamo arrivati a Milano.
Dobbiamo arrivare a Lisbona.
Sì. Lisbona.
L’abbiamo scelta perché era l’unica capitale europea raggiungibile direttamente da Pisa senza dover vendere la mamma. Solo per questo motivo: perché raggiungibile da Pisa.
E poi siamo finiti per farci mezza Italia in treno e prendere l’aereo a Milano. Per risparmiare 10 euro. Dieci euro. D i e c i.
Per giunta nella nostra mente l’aeroporto di Malpensa era a Milano.
In realtà non è nemmeno in provincia di Milano. Lo si raggiunge in pullman. 50 minuti di pullman. Cinquanta.
Quando partiamo dalla stazione, al finestrino, uno sbalordito Andrea commenta estasiato neanche avesse visto la Madonna: “uuuuhhhhh! Il traffico di Milano!”. L’ultima volta che lo avevo visto così era di fronte alla pellicola “Biancaneve sotto i nani”. Ma questo è un altro discorso.
Dimenticavo di dire che sul treno Samuele aveva dato per errore al controllore i biglietti aerei e non quelli del treno ed il competente e lucido controllore li aveva obliterati prima che ci rendessimo conto dell’errore e potessimo fermarlo, suscitando così la disperazione dei miei 4 compagni (“ora non ci faranno imbarcare!”) e la mia gioia (“ora non ci faranno imbarcare!”).
Inutile dire che l’idea di dare i biglietti a Samuele era stata mia. Sapevo che ne avrebbe combinata una delle sue. Pensavo che si sarebbe limitato al perderli. Mi aveva sorpreso.