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Lisbona val bene una rissa – Cap. 2

lisbona-val-bene-una-rissaSecondo capitolo del racconto umoristico di Simone Sacchini – Racconti a puntate

Leggi il Capitolo 1

Contro ogni mio sabotaggio e speranza, ci ritroviamo però seduti sull’aereo. Ometterò i dettagli relativi al peso delle valigie all’imbarco. Con quella di Massimo che pesava tredici chili di troppo (tredici!) a causa dei prosciutti (dolce, semidolce e salato) che la mamma aveva preteso portasse con sé. Una scena imbarazzante. Come imbarazzante era stata la scena alla stazione di Livorno. Appena saliti, Massimo abbassa il finestrino, sotto lo sguardo perplesso del signore ultradistinto. All’altro lato del finestrino la mamma in lacrime. Vestita di nero. A lutto. Sventola il fazzoletto bianco. Pare che il figlio parta per il fronte.

– Mangia! – gli dice la mamma.

– Per quanto state via? – chiede il signore ultradistinto.

– Il week end.

– Ah …

Ma non divaghiamo. Siamo seduti sull’aereo. Delle hostess inconcepibilmente nonfighe ci mostrano in un inglese non comprensibile e con gesti non comprensibili come comportarsi in caso di atterraggio di emergenza. O almeno così mi pare di capire.

Perfetto: se cadiamo, siamo spacciati.

E, siccome io so per certo che cadremo, siamo spacciati.

Come ho avuto modo di ricordare a tutti, non in ultimis il signore ultradistinto, durante tutto il viaggio in treno, il viaggio in pullman, e l’imbarco in aereo, io ho il terrore di volare. Cioè. Non ho mai preso l’aereo. Ma so che avrò il terrore di volare. Mi sudano le mani. Mi guardo un attimo. Non solo le mani. Ho delle ascelle spudoratamente pezzate che neanche un obeso alla quarta ora di palestra. Sono socialmente impresentabile. Mi attacco alla poltroncina tipo piovra. Ma sguscio come una saponetta.

Ho il posto vicino al portellone. Pondero. Da un lato posso uscire per primo. Dall’altro so per certo che il portellone difettoso si aprirà in un qualsiasi momento ed io verrò risucchiato fuori.

Ho il posto lato corridoio. Pondero. Da un lato posso uscire per primo. Dall’altro non vedo una mazza di cosa c’è fuori. In pratica morirò senza sapere su cosa sto precipitando.

Partiamo. Oddio. Oddio. Oddio. Ci siamo. Oddio. Oddio. Oddio. Ci stiamo staccando da terra. Oddio. Oddio. Oddio.  Ci siamo staccati da terra. Attendo l’impatto. Ma inspiegabilmente tutto va liscio.

La cintura di sicurezza allacciata. Pondero. Per tutto il viaggio. Se togliermela o meno. Decido di tenerla per tutto il viaggio. Per via del portellone difettoso che so che si aprirà e so che mi risucchierà.

Una delle hostess mi si avvicina e mi sorride. Le mancano due denti. Ma si sono mai viste delle hostess sdentate? Va bene che è un volo low cost, ma insomma … Mi dice che posso slacciarla. Credo. Io, preso dal panico, le rispondo la prima cosa che mi viene in mente in mia difesa, per altro in italiano: “se la tolgo, mi calano i pantaloni”. ‘Non parla italiano’, realizzo soltanto dopo la mia disperata risposta. ‘Fortunatamente’, aggiungo tra me e me.

Dopo la prima ora in apnea, riesco a voltarmi un tantino verso Massimo. Accanto a me. Sta guardando sul portatile la serie tv Lost. Ma io mi chiedo: come minchia si può guardare Lost mentre si è in volo su un aereo?

Torno a guardare davanti a me.

Guardo le hostess.

Perché non sono fighe???

Questo pensiero non mi lascia in pace. Cioè, ma solo nei film le hostess sono stangone bionde novantasessantanovanta che ti rinchiudono in bagno per seviziarti fino all’atterraggio? Queste hostess qui neanche ci entrano in bagno. Non passano dalla porta.

L’aspetto che avevo sottovalutato nel rendere presente all’umanità tutta la mia paura di volare è che non solo passo l’intero viaggio con la paura di volare, ma il tutto è condito con un surplus di prese per il culo che neanche alle medie quando mi pisciai sotto di fronte alle minacce di Claudio, meglio noto come ‘il bestia’, feroce sedicenne rubamerende pluriripetente della terza C. Mi pisciai sotto nel senso stretto dell’espressione. Da quel momento mi porto dietro il soprannome di Linessetaultra. Ho imparato anche ad apprezzarlo. Molto musicale, non trovate?

Tra una presa per il culo e l’altra passa il carrettino con stuzzichini e bibite.

– Desidera qualcosa?

Finalmente uno che parla italiano!

Ordino una bottiglietta d’acqua, un pacchetto di patatine e un panino. Che per altro non mangio. E non mangerò fino all’atterraggio. Ordino una bottiglietta d’acqua, un pacchetto di patatine e un panino semplicemente perché convinto che il tutto sia compreso nel prezzo del biglietto. Come nei film quando servono lo champagne in volo. Mai visto che l’attore di turno sborsi un centesimo che sia uno. Qui non va come nei film. Passa una hostess più larga che alta. No. Decisamente. Non va come nei film.

Lascio praticamente un patrimonio già sull’aereo.

Pensare che, partendo, mi ero anche imposto di non spendere troppo.

… Continua

Filed Under: Racconti di viaggio Tagged With: Portogallo, Racconto umoristico

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